Buongiorno Carlotta, grazie del tempo che ci hai concesso e per il lavoro che ogni giorno permette a molti escursionisti di vivere al meglio la montagna.
Vorrei iniziare questa intervista chiedendoti di raccontare un po’ della tua storia e cosa ti ha spinto a diventare rifugista.
Come sono diventata rifugista
Sono cresciuta e vissuta a Modena e la mia esperienza di montagna, all’età di 22 anni, era stata di qualche scampagnata mangereccia o in cerca di funghi. Ma quando ho conosciuto Luigi D’Ignazio (compagno di vita e co-gestore) la mia visione di montagna cambiò: mi presentò il Gran Sasso. Luigi nel 2003 gestiva il rifugio Garibaldi. Stando con lui per alcune estati presi a girovagare per il Gran Sasso conoscendolo, scoprendo i suoi lati, le persone, le loro storie (le loro preferenze culinarie). Cominciò a non essere più sufficiente passare qualche estate lavorativa-esplorativa in Abruzzo. Ci trasferimmo a Pietracamela e l’avventura Garibaldi terminò, ma la voglia di rifugio rimaneva. Prendemmo a lavorare io al Duca degli Abruzzi con Emanuela Pivetta e Lugi al Franchetti con Luca Mazzoleni. Nel 2012 il bando per il Duca. Non ci potevamo credere alla fine saremmo stati i nuovi gestori. Un sogno.

Il Duca degli Abruzzi è un rifugio storico, tra i più caratteristici. L’unico gestito in quota sul versante aquilano del Gran Sasso. Hai qualche curiosità, aneddoto, sul rifugio che possa invogliare ancor di più l’escursionista a visitarlo?
Direi che non occorre raccontare aneddoti per invogliare le persone a visitare il Duca. La grandiosità e la bellezza del panorama che si godono appena guadagnata la cresta della Portella, credo che sia impagabile. Il panorama spazia dai Sibillini alla Majella e dall’Adriatico al Terminillo e le albe e i tramonti sono mozzafiato. E noi siamo lì, come una barca in mezzo ad un oceano di nuvole, facciamo del nostro meglio per offrire ospitalità, ristoro e consigli a coloro che ci vengono a trovare.

E’ stata un’estate intensa. Il flusso dei turisti che da Campo Imperatore partono per seguire i sentieri al Corno Grande è in costante aumento. Quali sono le difficoltà che incontrate ogni giorno?
Le difficoltà del rifugista sono tante, e nonostante per me sia ancora il lavoro più bello del mondo, devo dire che è anche molto faticoso. La struttura è sottodimensionata rispetto alla richiesta che abbiamo e facciamo i salti mortali per riuscire a soddisfare tutti con una cucina di appena 15 metri quadri.
L’approvvigionamento è anche molto complicato. Nonostante il grosso del carico venga portato su in elicottero ad inizio stagione, tutto il fresco sale a spalla quotidianamente (e sono oltre 3 tonnellate!); in più c’è da considerare lo smaltimento dei rifiuti che produciamo (più quelli abbandonati da avventori con poco riguardo) anche questi portati a valle a spalla. E poi c’è da pompare l’acqua ogni giorno da Campo Imperatore, c’è da fare continua manutenzione alla struttura, che ha 131 anni, con la speranza che non si rompa niente, perché trovare tecnici che salgono quassù è veramente difficile. Insomma, non è sempre il lavoro idilliaco che molti pensano, ma è quello che ci piace.

L’inverno sta arrivando e quest’anno il Duca è pronto ad ospitare gli alpinisti che vorranno passare in quota una notte. Puoi descriverci il locale, e dare qualche importante indicazione ai futuri ospiti?
Sì, fortunatamente i lavori sono finiti ed il nuovo locale invernale è pronto. È leggermente più grande del precedente, può ospitare fino a 6 persone. C’è il minimo indispensabile per le emergenze quindi consigliamo sempre agli ospiti di salire con un buon sacco a pelo, il proprio cibo e l’acqua.
Passiamo a una domanda più leggera. Ci parleresti della tua giornata tipo?
La mia giornata inizia presto, 6:00 circa ogni mattina per preparare la colazione degli ospiti, poi pulire, organizzare e preparare la linea del pranzo, poi della cena e infine 22:30/23:00 nanna. Detto così è monotono e sembra noioso, ma avete chiesto la giornata tipo, la routine. La differenza la fanno i clienti, il loro umore, la loro simpatia, il loro mettersi in gioco, le loro richieste (a volte bizzarre, per noi che viviamo sempre lì). Una volta ci hanno chiesto un tea bollente con un cubetto di ghiaccio o una granita al limone (a giugno con ancora la neve fuori!!)
Sei stata gentilissima, prima di salutarci ti riporto una domanda che molti nostri lettori ci hanno chiesto di farti. Come si può aiutare un rifugista?
In realtà sono molte le persone carine che ci chiedono se abbiamo bisogno di una mano nello smaltimento dei rifiuti e lo apprezziamo molto, ma forse sarebbe più utile ricordare come non mettere in difficoltà un rifugista, perché sono molte più le persone che assolutamente non si rendono conto del luogo in cui si trovano e della fatica necessaria a gestire una struttura del genere. Le richieste assurde sono tante, dai gelati, alla pretesa di lasciare i rifiuti personali, ma anche questo fa parte del nostro lavoro.