Dopo gli incidenti mortali in Appennino delle scorse settimane, il tema della sicurezza in montagna è stato più che mai dibattuto. Appennino.tv ha voluto chiedere qualche consiglio ad Alessandro Marucci, tecnico di elisoccorso del CNSAS Abruzzo.
Va ricordato che il Soccorso Alpino e Speleologico è una realtà presente su tutto il territorio nazionale: conta quasi 7mila tecnici, donne e uomini che dedicano il loro tempo, dopo una complessa formazione, per essere sempre pronti a intervenire, giorno e notte, 365 giorni all’anno. Con questo impegno severo che si è sviluppato di anno in anno, sino ad oggi, il CNSAS dalla fondazione ha alla fine 169.836 missioni di soccorso traendo in salvo o recuperando 186.564 persone, di cui 58.820 illesi che si trovavano in imminente pericolo di vita o in forte difficoltà tecnica, 109.891 feriti con vari codici di gravità, 15.711 persone decedute e ricercando 2.051 persone disperse (dati al 31.12.2018).
Nel 2018 si è registrato il numero “record” di interventi, su base annuale: 9554 missioni di soccorso. Il 2019 dovrebbe attestarsi su numeri simili.

Prima di un’escursione, quali valutazioni è necessario fare e quali accortezze è necessario prendere per ridurre i rischi di un incidente?
Innanzitutto l’escursione va preparata e pianificata. Bisogna capire il tipo di obiettivo dell’uscita escursionistica o alpinistica che sia: preparato il percorso, visti quali sono i possibili pericoli e valutati i rischi. Una delle componenti fondamentali è la condizione meteo del giorno durante il quale si vuole fare l’escursione, ma soprattutto l’evoluzione del tempo delle ore successive.
La catena dell’Appennino, essendo compresa tra due mari, è esposta a masse d’aria e cambiamenti metereologici importanti. L’evoluzione meteo può dunque essere improvvisa. Da bel tempo si può passare a freddo, a nevicate e temporali improvvisi.
Quali siti consultate voi addetti ai lavori?
Se ne guarda più di uno, ce ne sono tanti e ormai i modelli previsionali sono più o meno gli stessi. Ci sono App più o meno accessibili e facili da utilizzare, rispetto ad altre.
Nel Gran Sasso c’è il CETEPMS dell’Università dell’Aquila che ci dà la possibilità di vedere evoluzioni anche tramite radar.
Assolutamente prima dell’escursione va valutata l’attrezzatura idonea per quel tipo di escursione e il materiale che bisogna portare.
Naturalmente uno dei fattori importanti è la preparazione fisica, occorre commisurare l’escursione in base alle proprie capacità, valutando che specialmente in questo periodo ci può essere il freddo che mette a dura prova il fisico.

Cosa non deve mancare in uno zaino nel periodo invernale?
Il periodo invernale è uno dei più difficili per la componente freddo. Tra le altre cose, nello zaino non devono mai mancare guanti asciutti, cappello asciutto e tutto quello che ci può aiutare a combattere il freddo. Poi considerando che le ore di luce sono sempre minori, inserire anche una lampada frontale.
Questo vale in linea generale. Poi nel particolare va detto che nello zaino bisogna mettere quello che è funzionale in base a ciò che andiamo a fare.
Artva, pala e sonda sono poi dispositivi fondamentali laddove c’è il rischio valanghe e vanno portati sempre insieme. È importante dire che il rischio valanghe non c’è solo per gli scialpinisti, ma anche per esempio per chi partecipa alle ciaspolate, che ultimamente sono sempre più diffuse.
Il periodo di novembre-dicembre, quando non ci sono ancora le condizioni invernali, è considerato tra i più pericolosi. Perché?
In gergo quello di transizione tra l’autunno e l’inverno viene chiamato il “periodo del vetrato”. Può essere caratterizzato anche da belle giornate con temperature non basse. Se c’è stata neve, lo scioglimento fa creare lastre di ghiaccio, perché la notte le temperature scendono e alle prime ore del mattino abbiamo condizioni di fusione e rigelo.
L’acqua presente nei sentieri rigela e va a formare queste lastre. Una condizione che possiamo trovare anche senza neve, quando c’è l’umidità.
Il rischio è molto alto, perché il “vetro vivo” a differenza della neve è molto più pericoloso.

Come si valutano le condizioni di ghiaccio e neve?
Si parte sempre considerando quella che è stata la precipitazione nevosa dei giorni precedenti e l’evoluzione delle temperature, quindi come si va a trasformare il manto nevoso e come si comporta. È soprattutto questo che ci aiuta a interpretare i segni sul campo, le condizioni della neve e i segnali di pericolo.
Per avere nozioni su queste materie, si possono seguire i corsi da parte dello SVI servizio valanghe italiano del Cai o l’Aineva che formano osservatori nevologici e fanno campagne di formazione su ambiente innevato.
Quali sono gli incidenti più comuni in questo periodo?
Sono appunto quelli legati appunto a questa tipologia di condizioni.
Il fatto che ci si avventura su terreno con ghiaccio vivo e che per diverse cause che possono essere dovute a diversi fattori quali la non preparazione, l’attrezzatura non adeguata o anche l’utilizzo non adeguato dell’attrezzatura.
In questo periodo di fermento mediatico ho notato che una delle affermazioni maggiormente riscontrabili è “Sì, ma aveva i ramponi”. Possedere uno strumento non vuol dire che lo si conosca. È capitato di vedere persone che non utilizzavano in modo corretto l’attrezzatura – giusta – che avevano.
Ad esempio ci sono diversi tipi di ramponi e vanno usati in modo diverso. Anche la legatura dei ramponi può essere errata.
Dal momento in cui si acquisiscono strumenti per la progressione in ambiente innevato, poi bisogna avere le conoscenze.

Può capitare durante le escursioni di avere nello zaino ramponi e piccozza e chiedersi quand’è il momento giusto per tirarli fuori. Può dare qualche consiglio?
La prima cosa quando ci si muove in ambiente innevato è fare esperienza e conoscere questo mondo. Occorre frequentare corsi con il Cai e le guide alpine, cosa che ci aiuta a prendere conoscenza dell’ambiente.
Per rispondere alla domanda, è importante indossare i ramponi e prendere la piccozza prima di trovarci nei guai. Prima di un pendio ghiacciato e non durante. Sembra ovvio, ma è fondamentale ogni tanto fermarsi e valutare le condizioni, ogni volta che il manto si fa duro e le pendenze cambiano, che la progressione inizia diventare difficoltosa. Dobbiamo accettare anche la possibilità di non affrontare un’insidia e tornare indietro, a seconda delle proprie capacità.
Cosa va evitato? Orari e pendenze?
Tutti noi andiamo in montagna, perché ci divertiamo e ci piacciono pendenze e situazioni. Ogni situazione porta con sé dei rischi.
Riguardo gli orari dipende dalle condizioni che vogliamo trovare. Ovviamente al mattino presto con li freddo troveremo la neve più dura, ma questo non vuol dire necessariamente un pericolo più elevato se si affrontano pendii e pendenze elevati.
Affrontare una gita in orario spostato alle ore centrale, d’altronde potrebbe determinare che se c’è un problema o una complicazione si può arrivare alle ore di buio e per questo diventa fondamentale avere sempre la lampada frontale.
Va valutato tutto a seconda dell’attività che vogliamo fare.
Nelle scorse settimane si sono registrati molti incidenti mortali sull’Appennino. C’è una maggiore sottovalutazione dei rischi negli ultimi anni?
Quello che noi diciamo sempre come Soccorso Alpino è che le attività in montagna presuppongono il fatto che ci siano dei pericoli oggettivi. Chi va in montagna deve accettare che c’è un margine di rischio e non possiamo ridurre il rischio a zero.
Detto questo mi sembra che sia cambiato il modo di andare in montagna.
C’è stata un’evoluzione nelle tecniche, negli sport, nelle discipline. È aumentata l’accessibilità a questo mondo e sono molti di più i frequentatori.
Probabilmente prima il livello di conoscenza della montagna da parte di chi la frequentava era più alto, invece adesso si è un po’ abbassato proprio per l’accessibilità della montagna.
Da una parte è bello perché c’è una promozione dei nostri luoghi, però serve la coscienza che non ci si può avventurare senza accortezze e preparazione.
Ci capita spesso che persone preparate fisicamente, sopravvalutano le proprie capacità e magari si trovano in difficoltà se cambia il meteo.

In che modo gli escursionisti possono agevolare gli interventi del Soccorso Alpino?
Per allertare il Soccorso Alpino basta chiamare il 118 e la comunicazione viene smistata alla stazione di Soccorso Alpino competente che attiva le squadre di soccorso.
Ci sono poi a disposizione varie App per frequentatori della montagna. C’è quella voluta e promossa dal Cai e dal Soccorso Alpino che si chiama GeoresQ (gratuita per i soci CAI NDR) e offre un servizio di geolocalizzazione che ha la possibilità di inviare l’allarme alle centrali operative del soccorso alpino attive h24.
In ogni caso, il Soccorso Alpino e speleo ha sistemi di geolocalizzazione propri che permettono di geolocalizzare le persone, visto che ogni cellulare oggi ha un gps.
A volte usiamo WhatsApp per farci inviare le coordinate da persone che hanno avuto incidenti.
In questo periodo sento polemiche per i soccorsi a pagamento, ma dobbiamo ricordarci che il Soccorso Alpino nasce proprio per portare aiuto in ambiente impervio e non bisogna esitare a chiamare quando ci si trova in difficoltà. A volte una telefonata può servire anche per un consiglio. L’evoluzione di una situazione può portare in poco tempo da tranquillità a criticità.
Non bisogna aver paura di telefonare, perché può essere un costo.
Ad esempio un mese fa due escursionisti sono rimasti bloccati sulla cima del Corno Grande, con il meteo che stava peggiorando e hanno chiamato i soccorsi. Siamo intervenuti ed è andata bene. Non c’erano feriti, ma la situazione meteo era in forte peggioramento e hanno fatto bene a chiamare.