Alla fine di un inverno quasi senza neve i rifugisti, dopo la quiete e il riposo degli ultimi mesi, si preparavano con nuova energia alla stagione estiva: stilando liste della spesa, programmando i carichi, organizzando i turni di lavoro dei collaboratori, inserendo nuove ricette nei menù.

Alcuni speravano di risollevarsi da mesi difficili:

≪L’inverno passato purtroppo è andato malissimo per via della scarsa neve che ci ha fatto annullare quasi tutti gli eventi che avevamo in programma, anche gli impianti di risalita di Campo Staffi non hanno mai aperto≫

Mauro Venditti – Rifugio Viperella a Campo Staffi

Altri, come Andrea Salvatori della rete I rifugi dei Sibillini, cominciavano a riprendersi – e con un certo successo – dai danni dei terremoti del 2016.

Tutti si aspettavano un’estate affollata con presenze sempre maggiori, secondo le tendenze degli ultimi anni.

≪La stagione passata è stata una delle migliori da vent’anni che lavoriamo nei rifugi. In parte perché il meteo era stato ottimo, in parte perché negli ultimi anni aumentano in maniera crescente le persone che si avvicinano alla montagna≫

Luigi d’Ignazio – Rifugio Duca degli Abruzzi al Gran Sasso

Il lockdown di marzo

Ma a fine febbraio la diffusione del coronavirus e il conseguente lockdown hanno reso subito chiaro che l’emergenza non sarebbe stata breve e in molti, già a marzo, hanno sospeso le prenotazioni per l’estate. 

Viandanti in discesa dalla Sella dei due Corni, Foto di Rachele Castellucci
Escursionisti in discesa dalla Sella dei due Corni.

I rifugisti, riuniti nell’AGRA – l’Associazione dei Gestori dei Rifugi d’Appennino che conta dodici membri – si sono incontrati, virtualmente, per confrontarsi sulle possibilità per la stagione estiva. 

L’ultima parola spetterà ovviamente al governo, al CAI con il Coordinamento Nazionale dei Rifugi e a tutti gli altri enti preposti che dovranno stabilire una linea generale. Nel frattempo, i gestori che abbiamo intervistato provano a fare delle ipotesi.

I possibili scenari

Luca Mazzoleni, gestore del rifugio Franchetti, analizza ogni eventuale scenario: dall’impossibilità di riapertura, al (più improbabile) ritorno alla normalità ma i casi più difficili sono quelli intermedi:

≪è possibile per esempio aspettarsi norme che consentano l’apertura ma solo con prescrizioni tanto stringenti e complesse da non essere attuabili per i rifugi alpini, in particolar modo quelli più disagiati e in quota≫

Luca Mazzoleni – Rifugio Franchetti al Gran Sasso

I rifugi, infatti, condividono le stesse normative di bar, ristoranti e alberghi. Potrebbe non essere possibile sanificare stoviglie, cucine, letti e camerate allo stesso modo e con le stesse attrezzature professionali utilizzabili a fondovalle.
Questa equiparazione con le normali strutture ricettive era già problematica in tempi normali e ora più che mai sarà necessario avere disposizioni chiare e contestualizzate dalle ASL sulle norme igieniche da adottare.

I tavoli del rifugio Franchetti.  Foto di Rachele Castellucci
Il terrazzo del Rifugio Franchetti

In attesa di disposizioni ufficiali, una cosa è certa: nei rifugi gli spazi sono ridotti, piccoli ed essenziali affinché l’impatto dell’uomo, che in montagna è sempre un ospite, sia minore possibile; a tutti pare evidente quindi che non si potranno ospitare persone per il pernotto, forse con l’eccezione dei singoli nuclei familiari.

Le limitazioni riguardano anche la cucina, dove il rispetto delle distanze di sicurezza imporrà una riduzione del personale e di conseguenza dell’offerta per il ristoro.

≪In caso di impossibilità di apertura al pubblico la mia intenzione – se le norme me lo consentiranno – è di essere comunque presente al rifugio, nel peggiore dei casi come solitario custode a presidio di un Vallone delle Cornacchie senza la solita animazione di escursionisti e alpinisti, ma in modo che il Franchetti rimanga un presidio per la sicurezza e un segno di resistenza e continuità. Spero comunque che sarà possibile poter lavorare almeno di giorno con bar e cucina, per limitare i danni economici, assumere parte del personale consueto e mostrare che un graduale ritorno alla normalità è reale≫

Luca Mazzoleni – Rifugio Franchetti al Gran Sasso

La speranza quindi è che troveremo i rifugi aperti: per pranzi semplici o per un caffè di passaggio, meglio se da consumare all’esterno…a patto che gli spazi a disposizione lo consentano.

Andrea Salvatori gestisce una rete di più rifugi sui monti Sibillini e non tutti potranno essere attrezzati in questo senso: mentre a Fonte Lardinia già lavora a un’organizzazione degli spazi esterni che consenta il distanziamento sociale, al Rifugio del Fargno – collocato su una forcella battuta da fortissimi venti – non potrà agire allo stesso modo.

Emanuele Ludovisi, del rifugio Rinaldi al Terminilletto, vorrebbe invece allestire delle piccole tende fuori dal rifugio con il sostegno di negozi del settore, e per chi non pernotta, estendere la possibilità di effettuare consumazioni fino al tramonto, vista la relativa rapidità della discesa.

Il Rifugio Rinaldi, Monte Terminilletto.  Foto di Teimy Ala.
Il rifugio Rinaldi al Terminilletto; foto di Teimy Ala

Insomma: il rischio del contagio imporrà nuove regole, la fruizione dei rifugi avverrà in modalità radicalmente diverse rispetto agli schemi consolidati in tanti anni ma chi lavora in montagna è abituato agli imprevisti e a proseguire rivedendo anche molto rapidamente il consueto modus operandi. 

Anche se l’esplosione della frequentazione della montagna è recente, non dobbiamo dimenticare che i rifugisti ci sono sempre stati, anche quando nei sentieri non passava nessuno o dopo eventi tragici come un terremoto. Anche per questo, la volontà condivisa da tutti è quella di continuare ad esserci, perché il rifugio è in primo luogo un punto di riferimento:  

≪Noi gestori, mentre ci occupiamo di ristoro e pernotti, teniamo soprattutto d’occhio la montagna e le persone che ci camminano: spesso il gestore è il primo che si attiva quando qualche escursionista è in difficoltà, aiutando nella scelta del percorso e quindi evitando incidenti o situazioni a rischio≫

Eleonora Saggioro – Rifugio Sebastiani al Velino e presidente AGRA
Le fiamme di Pietra. Foto di Rachele Castellucci
L’approssimarsi di un temporale sul Corno Piccolo

Rimane il dilemma – che si stanno ponendo tutti i rifugisti – sul come comportarsi in caso di emergenza, in particolare di maltempo: i temporali in montagna possono essere improvvisi e molto violenti e il rifugio potrebbe paradossalmente non poter svolgere la sua funzione principale senza creare situazioni di assembramento. Sui comportamenti da adottare in caso di emergenza, non c’è spazio per l’improvvisazione, bisognerà aspettare disposizioni dal CAI.

≪Per evitare assembramenti, dovremmo trovare il modo di informare gli escursionisti che il Rifugio non può essere utilizzato come punto di riparo in caso di maltempo, il che è paradossale≫

Luigi d’Ignazio – Rifugio Duca degli Abruzzi al Gran Sasso

Una cosa è certa: le persone hanno voglia di tornare a muoversi, a godere dei grandi spazi aperti e, tra i rifugisti che abbiamo ascoltato, c’è anche chi sostiene che la montagna, ai tempi del coronavirus e del distanziamento sociale, possa diventare un terreno privilegiato proprio per l’isolamento che garantisce.

Rifugio Sebastiani, Monte Velino. Foto di Teimy Ala
Il Rifugio Sebastiani al Velino; foto di Teimy Ala

Oggi che nella nostra quotidianità tutto è normato e siamo costretti a rinunciare agli spazi di fuga e respiro, il timore che tutto ciò continui a coinvolgere anche la montagna è concreto.

Siamo abituati a considerare i rifugi non solo come luoghi di riposo ma anche come spazi di condivisione, di comunità e di crescita e la paura che tutto ciò venga meno non è ingiustificata. Quando abbiamo cominciato questo giro di interviste temevamo che questa paura fosse condivisa anche dai rifugisti ma siamo felici di esserci sbagliati.
Tra loro, invece, abbiamo raccolto fiducia, voglia di ripartire e soprattutto speranza. Come nelle parole di Eleonora:

≪Il rifugio ai tempi del Covid è sempre un rifugio, anche se quest’anno saremo un po’ più distanti. Ci saluteremo da lontano ma saremo contenti di rivederci. Mangeremo uno splendido panino inventato dal rifugista anziché la polenta? Saremo comunque contenti di essere lì e non a casa a far lievitare l’ennesima pagnotta. Dovremo dormire in tenda perché la camerata non è sicura? Va bene, saremo comunque sotto le stelle in montagna e la mattina faremo colazione fuori dal rifugio nel rispetto delle distanze. Questo periodo è stato durissimo per tutti, siamo stati chiusi in casa e non abbiamo avuto la libertà di fare le cose che ci fanno stare bene, andare in montagna è una di queste. Quando ci daranno la possibilità di tornarci, seppure con delle limitazioni, penso che dovremo esserne felici e non stare a pensare a quello che non è, ma a quello che abbiamo≫

Eleonora Saggioro – Rifugio Sebastiani al Velino e presidente AGRA

Testi di Rachele Castellucci e Andrea Frenguelli
Foto di Rachele Castellucci e Teimy Ala

Grazie a:
Luigi D’Ignazio, Rifugio Duca degli Abruzzi
Luca Mazzoleni, Rifugio Carlo Franchetti
Emanuele Ludovisi, Rifugio Massimo Rinaldi
Eleonora Saggioro, Rifugio Vincenzo Sebastiani
Andrea Salvatori, Rifugi dei Sibillini
Mauro Venditti, Rifugio Viperella


One thought on “Il rifugio sarà sempre un rifugio”

  1. Forza ragazzi la montagna è in nostro favore… Alle bufere montane in quota siamo abituati… Ce la faremo ad essere presenti come PRESIDI seguendo le regole dall’alto… Ma non arrendiamo i… La gente hs voglia della montagna e noi saremo lì… Ad accoglierli nel rispetto. Un abbraccio gigante dalle Alpi Apuane!!! Stefania ed il suo Orto di Donna
    P. S. Coltiveremo bellezza… Amore… E rispetto tra le persone (rispettanto i decreti)

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