Intervista a cura di Tatiana Marras

Capita talvolta nella vita di ascoltare per puro caso una melodia, e provare l’immediata sensazione che stia toccando le nostre corde più profonde. Annullando spazio e tempo contingenti per catapultarci, sulla magia delle note, in una dimensione lontana. Nelle ultime settimane ha fatto la sua comparsa sul web un brano musicale che mostra tale potere. In grado di trasportare l’ascoltatore a quota Ottomila. Si tratta di “Graves Above”, secondo singolo in uscita di “Beneath the Swaying Fronds of Elysian Fields”, album di esordio dei “Nero or the Fall of Rome”. Metal band veronese che, probabilmente per la prima volta nella storia, ha realizzato un brano ispirandosi a una vicenda alpinistica. Quella di Daniele Nardi e Tom Ballard e del loro tentativo di aprire una nuova via sul Nanga Parbat, risalendo lungo lo Sperone Mummery.

Fin dal primo ascolto ci si rende conto di essere di fronte a una reale collisione tra mondo metal e alpinismo. A guidare in cordata non è difatti il solo testo, che racconta di piccozze che rompono il ghiaccio e di un impossibile che forse non lo sarà per sempre, ma la musica stessa. Con un ritmo che si fa dapprima impetuoso, portando alla mente immagini di spindrift e valanghe, per poi placarsi sul finale, nella calma di chi ha raggiunto i Campi Elisi. Inevitabilmente incuriositi, abbiamo deciso di contattare Federico Dalla Benetta, chitarrista e vocalist del gruppo, per farci raccontare qualcosa in più sulla band e la loro “Graves Above”.

La band al completo – Bernard Balestrazzi

La prima domanda che sorge spontanea imbattendosi nel vostro brano è se siate una band di alpinisti.

Alcuni di noi sono appassionati di montagna. Nel senso generale del termine, non solo osservarla, leggerla e studiarla ma anche viverla. Di solito, appena abbiamo il tempo di staccare dalla routine quotidiana, ci piace avventurarci in quota, che sia un posto vicino o lontano. Abbiamo la fortuna di avere i Monti Lessini vicino casa. È facile per noi raggiungerli e passare almeno una giornata lontano dallo stress. Personalmente sono cresciuto sulle Dolomiti Bellunesi e ho amato la montagna fin dall’infanzia. I miei più cari ricordi vi sono legati. Potremmo definirci alpinisti dilettanti. In ogni caso devoti. Niente imprese straordinarie, almeno per il momento, ma la voglia di andare è sempre grande.

Normalmente chi subisce il fascino della quota, resta colpito da alcuni personaggi, che diventano quasi idoli. Per citarne due classici: Messner o Bonatti. Voi avete scelto Daniele Nardi. Scelta particolare considerando in aggiunta la vostra provenienza alpina. Come mai?

La scelta è avvenuta spontaneamente, dettata dal cuore e dall’istinto. Personalmente conoscevo già le sue imprese e i suoi precedenti tentativi di sfidare il Nanga Parbat attraverso quella via inviolata. Lo scorso anno ho seguito in diretta i soccorsi. Inutile dire che sono rimasto totalmente ossessionato dalla sua storia. Anzi, sua e di Tom Ballard. Ci ho pensato per settimane fino a quando ho sentito l’esigenza di raccontarla in chiave musicale.

Federico Dalla Benetta su Cima Trappola (1850 m), vetta più alta dei Monti Lessini

Ci racconti come è nato il brano “Graves Above”? In particolare vorrei chiederti per curiosità se sono venute prima le parole o le note.

Di solito lavoriamo sempre sulla musica in prima battuta. Poi arrivano le parole. Non è una regola fissa ma nella maggior parte dei casi funziona così. Di solito è l’atmosfera del pezzo che suggerisce l’argomento. Ci piace dipingere con le note, creare immagini che guidano la stesura del testo. Anche per “Graves Above” è stato così. Dopo aver abbozzato la musica assieme al chitarrista della band, Elia Mirandola, e aver arrangiato il pezzo in sala prove assieme al bassista Fabrizio Tondini e il batterista Luca Ligabò, ho capito immediatamente che quel pezzo era per Daniele e Tom. Attraverso le note ho visto una cima innevata in lontananza. Mano a mano che si avvicinava si faceva minacciosa e tremendamente bella. Ho visto un ghiacciaio, i crepacci senza fondo. Non solo. Ho anche sentito il vento gelido sulla faccia, il rumore dei ramponi che spezzano il ghiaccio e la sensazione di timore e riverenza a cui il cuore è sottoposto alla presenza di un “mostro” del genere.

A proposito di dipingere con le note, il vostro album di debutto, “Beneath the Swaying Fronds of Elysian Fields”, ha un titolo che rimanda a uno scenario classico di immensi prati verdi o campi di grano. Come si inserisce in tal contesto il gelido Nanga? Qual è l’immagine dei Campi Elisi cui si viene trasportati dalle vostre note?

Sia il nome della band che il titolo del nostro album rimandano certamente alla storia romana e a delle immagini legate ai suoi miti. Eppure non vogliamo rimanere strettamente confinati al loro interno, sarebbe una forma di autoesilio. Non c’è mai stata l’intenzione di scrivere un concept album. Si spazia tra diversi argomenti, alcuni anche molto attuali, altri più personali. I Campi Elisi rappresentano un universo ideale, un luogo magico dove ci si può finalmente riposare per sempre. Dove non esistono i rimpianti, dove si può abbandonare ogni paura e tristezza. Quello che molti di noi cercano senza trovare. Un posto mitico.

Torniamo un attimo ad una espressione che hai usato in precedenza: “sono rimasto ossessionato”. Dopo la tragedia del Nanga, il rapporto tra Daniele e il Mummery è stato definito da alcuni come una ossessione Da altri come un sogno. Tu che ne pensi?

È una domanda molto difficile. Sogno e ossessione possono convivere. Ricordo che Daniele disse di aver sognato lo stesso A. F. Mummery che lo metteva in guardia circa la sua impresa. Forse un sogno può trasformarsi in ossessione, come l’amore, o l’odio, che ti tormentano anche durante il riposo notturno. Sentendolo parlare, cercando di capire la persona che era, si capisce che era un sognatore. Quindi propendo per usare la parola sogno.

Qualcuno ha accusato Nardi di aver convinto Ballard a seguirlo nella ricerca di un obiettivo forse impossibile. Ritieni che il Mummery fosse solo un sogno di Daniele?

Premesso che non conosco il trascorso dei loro rapporti interpersonali e i loro accordi a livello agonistico, non credo si possa parlare di plagio. Sicuramente Daniele era una persona carismatica e carica di un entusiasmo probabilmente contagioso. Ma quando si parla di imprese del genere bisogna ricordare quello che c’è dietro, il sacrificio, lo studio, la preparazione atletica. Non sono scelte prese dopo una serata al bar con gli amici. Entrambi erano ben consapevoli del rischio che avrebbero dovuto affrontare, delle difficoltà e delle possibilità. Ogni alpinista che affronta colossi del genere ne è conscio. Forse era il sogno di Daniele, sappiamo quanto ci ha lavorato, anche in passato. I sogni però possono essere condivisi, possono appassionare altri e diventare persino collettivi. Altrimenti come ci spieghiamo la nascita dell’alpinismo? Gli stessi pionieri che hanno aperto le prime vie hanno lasciato un’eredità che per molti si è trasformata in sogno.

Federico Dalla Benetta e Elia Mirandola sulle nevi norvegesi

“Graves Above” rappresenta con alta probabilità il primo caso di brano musicale ispirato a una specifica vicenda alpinistica. Metaforicamente avete tentato una nuova via mai percorsa da altri. Vi aspettavate di arrivare “in vetta”, ricevendo condivisioni e ringraziamenti sui social da parte delle famiglie di Daniele e Tom?

Assolutamente no, è stata una piacevolissima sorpresa. Mi chiedo ora se sia stato il caso o se dietro ci sia stato un disegno diverso, al di fuori della nostra comprensione. Ci siamo trovati a dover scegliere il secondo singolo in uscita tra le canzoni dell’album e, in realtà, la scelta originale era caduta su un altro brano. Successivamente, per ragioni non del tutto legate alla nostra volontà e su ulteriore consiglio della nostra etichetta discografica, abbiamo optato per “Graves Above”. Siamo lieti che sia successo, che sia stato il caso a deciderlo oppure il fato. È stato veramente bello sapere che la nostra musica sia arrivata fino al cuore di coloro che li amavano e li conoscevano. Come uomini, mariti e amici, oltre che come grandi alpinisti. È stato commovente e nessun riconoscimento discografico potrebbe mai eguagliare questa sensazione di condivisione.

Ultima domanda: vi vedremo sul Semprevisa?

Sarebbe molto bello, speriamo che questa situazione di esilio finisca presto e lentamente il mondo torni alla normalità con un pizzico di saggezza in più. Sicuramente in futuro lo visiteremo!

L’album acquistabile al seguente link.

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