È il 6 agosto 1958 quando i ramponi di Walter Bonatti e di Carlo Mauri graffiano la vetta ancora vergine del Gasherbrum IV. All’esito positivo della spedizione, guidata da Riccardo Cassin, contribuirono anche il grande Fosco Maraini, autore del primo libro sull’impresa, Bepi De Francesch, Toni Gobbi, Giuseppe Oberto e Donato Zeni.
Il Gasherbrum IV non raggiunge quota 8000 per soli 85 metri. Per la montagna non è un problema, per gli uomini sì. Le cifre tonde, è risaputo, suscitano un fascino particolare che spesso – a mio parere erroneamente – rischia di imporsi sugli altri elementi capaci di arricchire l’esperienza, come le forme estetiche, la valenza culturale oppure la complessità alpinistica.
Soprattutto in quegli anni (ma anche oggi) l’elemento numerico (il record) superava in importanza quello esperienziale.
Il Gasherbrum IV, dunque, per soli 85 metri è escluso dall’Olimpo delle montagne: i celebri quattordici 8000. Probabilmente fu per questo motivo che la prima ascesa, nonostante all’epoca venne ampiamente raccontata dai quotidiani nazionali, non ebbe la stessa inerzia mediatica di altre prestigiose scalate.
Forse dovremmo gettare le lenti culturali del cacciatore per incominciare a scrutare i profili all’orizzonte con quelle dell’artista.
L’artista nella montagna cerca il bello, non il numero. E il Gasherbrum IV è bello. Quella guidata da Cassin fu una cordata di artisti.
