Ieri, venerdì 11 dicembre, ricorreva la Giornata mondiale della montagna, istituita nel 2002 dalle Nazioni Unite allo scopo di valorizzare la varietà e la ricchezza della cultura di montagna.
Al riguardo il Governo sta portando avanti un progetto, denominato progetto ITALIAE, promosso dal Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie. Lungi per il momento dall’entrare nel merito dello stesso, si coglie l’occasione per esprimere delle considerazioni su un evento (“webinar”) che è stato organizzato per la suddetta ricorrenza, a cui noi di Appennino.tv non potevamo esimerci dal presenziare (anche solo virtualmente). Un’ora di diretta, che ha visto la partecipazione di esponenti delle istituzioni, esperti, rappresentati di associazioni, onorevoli e mondo accademico, finalizzata a formulare proposte per lo sviluppo delle aree montane. Il convegno è stato concluso dal Ministro per gli Affari regionali e le autonomie Francesco Boccia.
Il giudizio che ne viene fuori, purtroppo e senza giri di parole, è negativo.
Di oltre trenta interventi, solo alcuni sono stati degni di nota e forieri di proposte serie, effettive ed applicabili. Per gli altri solo vuota retorica avulsa dalla realtà, in un miscuglio di parole trite e ritrite che nulla hanno di concreto, se non l’intento di confondere l’ascoltatore e mascherare l’incapacità di chi le esprime.
Si sono ascoltate solamente le solite “c’è bisogno di una nuova ‘mission’”, di nuove “governance” e nuovi “management”, tra un “green procurement” e l’altro, per non parlare della più vuota e inopportuna “resilienza”. Nulla in contrario con l’uso dell’inglese, sia chiaro. Si fa notare soltanto l’uso sistematico di questi vocaboli quando l’oratore sa di non dire nulla di concreto e vuole solamente traccheggiare. Purtroppo, bersaglio di questo nuovo modo di esprimersi della classe dirigente è quasi sempre il mondo della montagna e, infatti, un convegno sulla montagna non poteva fare eccezione.
Dicevamo della “resilienza”, termine quanto mai inopportuno, quando si parla della necessità di un cambio di rotta per le aree interne e montane.
Innanzitutto (e basta aprire un qualsiasi vocabolario per sincerarsene), è un termine che viene usato in meccanica e si riferisce ai metalli. Ma poi, entrando nel merito del suo utilizzo, come si fa ad affermare che una comunità di montagna deve cambiare, se poi la si definisce “resiliente”?
La resilienza è l’adattamento a un evento esterno, quindi un qualcosa di passivo, quasi inerte, che nulla ha a che vedere con il cambiamento, il quale dovrebbe essere un’azione. Una comunità che cambia (si spera in meglio) lo fa non aspettando gli eventi (resilienza), ma creandoseli.
Definire “resiliente” una popolazione montana significa, quindi, che essa debba accettare il presente passivamente, senza speranza per il futuro.
Chiusa la parentesi degli interventi (purtroppo quasi tutti) non positivi, comunque qualche buona proposta è stata fatta.
Pensare, per esempio, a una defiscalizzazione delle aree montane, sotto tutti i punti di vista. La ratio non è quella assistenziale, ma si giustifica col riferimento anche ai servizi che queste zone (1/3 della popolazione italiana) svolgono per la restante parte del territorio. Si è fatto riferimento giustamente ai c.d. servizi ecosistemici. Si pensi, ad es., alle molte comunità che rinunciano ai loro (sacrosanti) diritti di sfruttamento di alcune risorse a favore dei parchi e delle riserve, come i boschi. Non bisogna dilungarsi molto per comprendere che la copertura forestale è ormai considerata un “servizio” avente rilievo anche economico, ad es., in ordine alla tutela dal dissesto idrogeologico, assorbimento di Co2, qualità dell’aria ecc.
Si è fatto riferimento alla necessità di una migliore digitalizzazione di queste aree, fenomeno che garantirebbe (la pandemia insegna al riguardo) la decontrazione degli spostamenti con la possibilità, anche per i più giovani, di pensare a non trasferirsi in città, ma rimanere nei luoghi e investire.
Si è fatto riferimento alla necessità di migliorare i trasporti, migliorare la sanità (magari attraverso figure di nuovo conio come “l’infermiere di comunità”).
Ha concluso il tutto il Ministro Boccia, il quale sembra ispirato dalla massima sensibilità per l’argomento (merito che gli va riconosciuto).
Nel suo intervento egli ha colto la palla al balzo per ricordare quanto di buono fatto dal Governo (secondo lui) nelle trattative sul Recovery fund, dal quale dovrebbero pervenire risorse anche per la causa montana. Secondo il Ministro, gli investimenti dovranno essere fatti prima nelle aree interne e poi sulla costa, anche se gli operatori di mercato non avranno convenienza economica.
Proprio qui sta il punto. Quando tutto queste belle intenzioni si scontreranno con la dura realtà dei fatti si vedrà se la politica farà il suo lavoro. Non ci resta che attendere, questa volta sì “resilienti”
Sono pienamente d”accordo!!!!in italia basta parlare di resilienza! Non dobbiamo tornare allo stato di partenza ma raggiungere traguardi nuovi rispetto al passato!!!! In tutti i settori, soprattutto nella pubblica amministrazione, che poi governa tutti i processi di sviluppo!!!!