Attenzione: Il contenuto di questo articolo è a titolo prettamente informativo e non costituisce una base sufficiente per poter affrontare in sicurezza la montagna. Si invitano gli interessati a seguire appositi corsi organizzati dai professionisti del settore.
Nei capitoli precedenti (Capitolo 8 e Capitolo 9) abbiamo già parlato di sistemi di tracciamento e sistemi di soccorso che possono contribuire ad aumentare la nostra sicurezza in montagna. Come sappiamo il rischio zero non esiste ed in particolar modo il rischio valanghe è sempre presente: prima di andare in neve fresca e fuori pista con qualunque dotazione (sci, ciaspole, snowboard ecc.) è sempre bene consultare i bollettini neve e le indicazioni di pericolo valanga.

Se si viene coinvolti in questo evento, bisogna sapere che la curva di sopravvivenza quando si è travolti da una valanga evidenzia come se si è soccorsi entro i primi 18 minuti si ha il 90% di probabilità di sopravvivere. Oltre questo lasso di tempo la percentuale si abbassa drasticamente fino al 25% dopo i primi 45 minuti.
Oltre le due ore dall’evento, statisticamente viene riportato un dato del 5% di sopravvivenza: la causa principale di morte è rappresentata dalla mancanza di ossigeno, che porta in primis alla morte cellulare del nostro organo più importante (anche se non per tutti): il nostro cervello.

Asfissia ed ipotermia
È chiaro che queste statistiche non tengono in considerazione di vari fattori tra i quali, fondamentale, l’essere vestiti ed equipaggiati in modo corretto, il tipo di valanga, saper cosa fare per trovare nella neve una consistenza tale per cui si possa respirare almeno un pò: la densità della neve può influenzare le probabilità di sopravvivenza in caso di seppellimento da valanga , fermo restando che la persona sia nelle condizioni di poter respirare, pertanto anche questa probabilità può variare di molto nei diversi mesi invernali e primaverili, perché la consistenza della neve varia.
Senza alcuna possibilità di attingere l’aria, a causa per esempio dell’alta compattezza della neve, si entra infatti in crisi respiratoria, in fase di asfissia e quindi ipossia (ovvero la carenza di ossigeno negli organi “nobili”).
In assenza di gravi traumi causati dall’incidente è possibile sopravvivere se si resta sepolti solo in presenza di vie aeree pervie che consentono la respirazione. E più il tempo passa, più naturalmente il corpo tende a raffreddarsi, con conseguenti difficoltà cardio-circolatorie che compromettono cuore e cervello. E dopo circa 90 minuti dall’incidente la probabilità che si verifichino decessi anche per ipotermia oltre che per carenza di ossigeno e accumulo di altri gas a livello tossico, è altissima.
Pertanto i fattori che influenzano la possibilità di sopravvivenza, come avete potuto notare, sono molteplici e tutti importanti a livello fisiologico.
Cosa fare se si è travolti da una valanga
Non è facile dare indicazioni univoche proprio per la particolarità dell’incidente che può avere tante variabili.
Pochi sanno che esistono quattro tipi di valanghe: a debole coesione, a lastroni, di neve asciutta e di neve umida. Molti fenomeni sono anche misti e vi sono altrettante tipologie di scorrimento delle valanghe:

Prima cosa da fare: scappare in diagonale rispetto al pendio.
La valanga è sempre più veloce di quanto possiate essere voi anche con gli sci ai piedi. Per cui non puntare a valle ma muoversi diagonalmente cercando, per quanto possibile, di togliersi dal fronte della valanga.
Contestualmente liberarsi dell’attrezzatura in eccesso come racchette, bastoncini, ciaspole e tutto ciò che può impedire il movimento o procurare fratture.
Provare a galleggiare sopra la massa di neve come se si stesse nuotando in acqua: contribuiscono a tale scopo gli zaini airbag in quanto aumentano la capacità di galleggiare sulla neve. Ma se non si riesce a galleggiare, allora bisogna rannicchiarsi a uovo, per proteggere organi interni e arti dalla violenza della massa di neve e per proteggere anche il volto e soprattutto le vie respiratorie che, se fossero occluse dalla neve, causerebbero la morte per soffocamento.

Una volta travolti e finiti sotto la neve, cercare di crearsi una bolla d’aria con ogni mezzo consentito, cercare di scavare verso l’alto. L’orientamento sarà molto difficile in quanto tutto l’ambiente è uguale ma cercate di capire con qualsiasi oggetto che avete, dove spinge la forza di gravità, che sarà sempre perpendicolare verso il basso.
Secondo le statistiche il 45% dei travolti si riesce a liberare autonomamente, il 28 % è trovato da qualcuno grazie a vista e udito, il restante 27% è soccorso attraverso altri metodi come il segnale ARVA, RECCO, ecc.
Novità con il 2022
Sono oramai settimane che l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2022 del decreto legislativo n. 40 del 28 febbraio 2021, sta facendo discutere gli appassionati di montagna e non.
Il disposto normativo è volto a revisionare le norme di sicurezza nelle discipline sportive invernali, e all’articolo 26 comma 2 recita quanto segue:
“I soggetti che praticano lo sci-alpinismo o lo sci fuoripista o le attività escursionistiche in particolari ambienti innevati, anche mediante le racchette da neve, laddove, per le condizioni nivometeorologiche, sussistano rischi di valanghe, devono munirsi di appositi sistemi elettronici di segnalazione e ricerca, pala e sonda da neve, per garantire un idoneo intervento di soccorso”.
Tale decreto non è una novità in assoluto nell’ambito alpinistico in quanto la legge n. 363 del 24 dicembre 2003, all’articolo 17 comma 2 riporta una dicitura simile ovvero: “I soggetti che praticano lo sci-alpinismo devono munirsi, laddove per le condizioni nivometeorologiche sussistano evidenti rischi di valanghe, di appositi sistemi elettronici per garantire un idoneo intervento di soccorso”. E’ chiaro che nella precedente disposizione normativa veniva ben circostanziato l’ambito di applicazione della stessa evidenziando una disciplina specifica (sci-alpinismo) e un “evidente” rischio di pericolo valanghe.
Il nuovo decreto rende di fatto obbligatorio portare con sé ARTVA, pala e sonda per tutte le attività su terreno innevato, senza distinzioni, a meno di precisazioni che verranno date successivamente, tra un ciaspolatore in un bosco ed uno sci-alpinista in fuoripista. Ma riteniamo che il buon senso di chi farà i controlli saprà distinguere un percorso con rischio valanghe ed uno meno esposto ma di fatto, un semplice aggettivo (“evidente”), ha cambiato la lettura del disposto normativo.

Personalmente, pur avendo tutto il kit da anni, non lo porterei mai in situazioni che oggettivamente si possano ritenere non a rischio valanghe fermo restando la considerazione inizialmente fatta, che il rischio zero non esiste e l’unico modo sicuro al 100% per evitare una valanga è … non frequentare l’ambiente innevato.