Il progetto di “ricerca e sviluppo” è stato presentato dalla società Energia Minerals e prevede di avviare ricerche minerarie su una zona di oltre 2000 ettari nelle valli del Manubiola e del Cogena e la protesta dei residenti sottolinea quanto questa cosa sia sentita.
Il rischio di inquinare le falde sarebbe altissimo e tanti saluti alla “Foodvalley”, con buona pace della Unione europea e della tutela dell’agroalimentare italiano che nella pianura parmense ha la sua culla.
Una società, controllata dal colosso australiano Alta Zinc vuole cercare rame e oro (oro nella catena appenninica,……..buona fortuna!) nella vasta area compresa tra i comuni di Berceto e Borgo Val di Taro.
Un comitato composto da residenti e frequentatori delle valli del Cogena e Manubiola si oppone alla richiesta di apertura delle miniere anche se solo per scopi di analisi preventive e/o di ricerca; tanto che dopo le ricerche chiudano e se ne tornino a casa non ci crede più nessuno.
La richiesta di autorizzazione presentata in Regione Emilia Romagna di avviare ricerche minerarie su una zona di oltre 2000 ettari nelle valli del Manubiola e del Cogena nei Comuni di Berceto e Borgotaro con lo scopo di verificare se vi siano minerali potenzialmente estraibili, quali Rame, Zinco, Argento, Oro, Cobalto ha scatenato il panico in zona e non solo.
“No alle miniere, cancelleranno definitivamente lo sviluppo turistico e sostenibile del territorio”
Questa attività estrattiva se autorizzata, minerebbe definitivamente le possibilità di sviluppo turistico, ed economico, del territorio; non solo ma anche metterebbe seriamente a rischio milioni di euro di tasse dei cittadini e di contributi investiti nei decenni proprio allo scopo di valorizzare l’Appennino, il suo ambiente e le persone che lo vivono sia stabilmente che di passaggio.
Chiunque conosca un poco il mondo della mineralogia, dell’attività estrattiva e delle miniere/cave sà che l’estrazione dei minerali, comporta una movimentazione di enormi quantità di rocce e il loro trattamento viene effettuato con grandi quantità di acque additivate da pericolosissime sostanze chimiche (tra cui alcune sostanziucole come mercurio ed arsenico).
Come la storia, la cronaca e la tecnologia estrattiva ci insegnano, i residui della lavorazione rendono inquinato l’ambiente circostante per oltre un secolo e la bonifica dei terreni costa quantità di denaro enormi, molto ben oltre i bilanci di una regione; anche tenendo conto degli eventuali introiti portati alle casse di via Aldo Moro.
E’ evidente quindi che tale attività estrattiva potrebbe pregiudicare l’alta qualità ambientale delle valli interessate – qualità peraltro riconosciuta anche a livello europeo (Sic Zps) – il cui valore sta dando finalmente buoni risultati sul piano dello sviluppo delle attività turistiche e di produzione agroalimentare “della Montagna”.
E’ chiaro anche che il rischio di inquinamento delle acque del Taro sarebbe reale e potrebbe comportare un effetto diretto su gran parte della pianura parmense, considerato che da un lato che le acque sono un elemento fondamentale per le produzioni agroalimentari della nostra provincia e che queste provengono in gran parte dal bacino del Taro, e dall’altro che 180.000 persone hanno nei loro rubinettiacqua potabile proveniente dal subalveo di Taro.
Il rischio di disastro è molto, troppo alto
Qualora le nostre paure si rivelassero fondate, allora non ci sarebbe più niente da salvare, da promuovere, da tutelare, parleremmo di una zona inquinata (tra scarti di miniera, falde) di ben oltre 3000 kmq., nessuno verrebbe più a godersi le nostre belle valli.
Speriamo che i rappresentanti del territorio parmense e non solo capiscano e si ricordino gli sforzi ed i sacrifici fatti per sviluppare turisticamente un territorio.
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Speriamo inoltre che a questa battaglia per tutelare l’integrità di queste valli si uniscano tutti i rappresentanti emiliani, perchè qualchecosa mi dice che questo è solo l’inizio di tante battaglie che dovremo affrontare per non essere spolpati da multinazionali extraterritoriali guidate da avvoltoi in giacca e cravatta; il cui solo scopo è arricchirsi “costi quel che costi” e distuggere quelle bellezze ed eccellenze che loro non hanno e che non possono comprarsi.