Immaginate di essere invitati, un po’ come accadeva da bambini, ad afferrare una matita e disegnare un ambiente montano su un foglio bianco. In tanti, diciamo pure la maggioranza, ci ritroveremmo probabilmente a tracciare per prima cosa dei rilievi, sullo sfondo, aggiungendo eventualmente un cappello di neve in cima. Per poi riempire i paesaggi, inserendo, a seconda della quota immaginata, boschi o prati, qualche animale, qualche casetta di legno o rifugio. O anche una tenda, e forse un pastore, un camminatore, un alpinista. Tralasciando i particolari, ci ritroveremmo di fronte a una immagine silenziosa e bucolica, rappresentativa di un ambiente che appare per certi versi fermo del tempo. In netta antitesi con il mondo più a bassa quota, dove l’innovazione corre sempre più veloce. Ma è poi così nella realtà? La risposta è no.

Una montagna all’insegna della gestione digitale

Anche il mondo della montagna muta al mutare dei tempi, concedendo a nuove tecnologie di affiancare e facilitare il lavoro dell’uomo. Nei campi, negli allevamenti, nei boschi. Nel settore agrario e forestale si sta assistendo, senza forse accorgercene, a una piccola rivoluzione, basata sulla diffusione delle tecnologie digitali. E nel cuore dell’Appennino c’è chi, cosciente di tale cambiamento, ha ben pensato di avviare un corso di laurea strutturato appositamente per formare i nuovi lavoratori della nuova montagna. Si tratta dell’Università degli Studi della Tuscia che, dallo scorso settembre, ha attivato presso la sede di Rieti del Dipartimento DAFNE, un corso di laurea magistrale dal nome molto particolare: GEDAM, acronimo di “Gestione Digitale dell’Agricoltura e del Territorio Montano”. Un percorso di studi, naturale prosecuzione del corso di laurea triennale in “Scienze della Montagna” attivo a Rieti dal 2015, volto a formare professionisti agronomi o forestali, con particolari competenze specifiche nella gestione dei dati digitali, della sensoristica applicata all’agricoltura e alle foreste, delle tecniche di agricoltura di precisione, della gestione di sistemi informatici applicati alla gestione del territorio montano e all’agricoltura. Esperti dunque di ambiente montano ma anche di tecnologie innovative.

Il Machine Learning sale in quota

Martedì 30 maggio (ore 17.00-18.00) verrà svolto presso la sede universitaria di Rieti un seminario dedicato a uno degli argomenti decisamente innovativi trattati nei 2 anni del corso GEDAM: il Machine Learning e i suoi utilizzi in campo agrario e forestale. Evento cui vi consigliamo di partecipare per comprendere come l’intelligenza artificiale si stia inserendo nel mondo della montagna.

Il seminario sarà aperto al pubblico e fruibile in modalità mista, in Aula 2 presso il Polo Universitario di Rieti (Via A.M. Ricci 35/A) o su Zoom (https://unitus.zoom.us/j/81109780241). È inoltre previsto il riconoscimento di crediti formativi per gli iscritti al Conaf. Per maggiori informazioni si prega di contattare la dott.ssa Tatiana Marras (tatianamarras@unitus.it)

Abbiamo chiesto qualche anticipazione al relatore dell’incontro, il dottor Luciano Ortenzi, ricercatore presso il dipartimento DAFNE e docente di “Sistemi Informativi” nell’ambito del corso di laurea GEDAM, esperto di applicazioni del Machine Learning nei settori dell’agroalimentare e dell’ambiente forestale e sottomarino.

Partiamo da una domanda basilare per non esperti del settore: può spiegarci in parole semplici cosa sia l’intelligenza artificiale (AI) e quali siano i campi di applicazione al momento?

L’AI è quel settore di ricerca e applicazione il cui obiettivo è progettare macchine (più in generale enti) in grado di imitare il più possibile il comportamento umano e rendere l’interazione uomo-macchina il più “naturale” possibile. In questo senso quindi chatGPT risulta essere un ottimo risultato della ricerca nel campo. Dobbiamo ammettere che a volte si abbia davvero l’impressione di interagire con un essere umano.  L’uso e le applicazioni dell’AI sono tantissime: la guida autonoma delle autovetture, la ricerca automatica di pagine web, e ancora la predizione della struttura delle proteine, che sta rivoluzionando il campo farmaceutico, per arrivare a tutti quei sistemi che risultano in grado di prendere decisioni in maniera autonoma sotto la spinta di segnali provenienti da sensori di vario tipo. Per fare un esempio nel campo agricolo, possiamo menzionare le centraline di irrigazione che permettono enormi risparmi di acqua.

E invece il Machine Learning cosa è? È legato all’AI?

Il Machine Learning è una branca dell’AI che “insegna alle macchine” a compiere delle operazioni per le quali non sono state esplicitamente programmate. Tale affermazione, coniata nel 1959 da Arthur Samuel, potrebbe risultare un po’ forte. E infatti nel 1997 è stata rimodulata, meglio dire completata, da Tom Mitchell nel seguente modo: un algoritmo si dice di Machine learning se la sua performance P rispetto a un certo obiettivo T migliora con l’esperienza E. Nonostante il passo avanti rispetto alla definizione di Samuel, mi rendo conto che parlare di “esperienza” di un algoritmo possa ancora destare qualche perplessità. Dunque, cosa è l’esperienza di un algoritmo? In parole semplici, si tratta di effettuare dei tentativi su un set di dati e minimizzare una funzione detta di “costo”, che cresce ogni qualvolta l’algoritmo “sbagli” rispetto a un certo obiettivo e diminuisce nel caso in cui l’algoritmo riesca a centrarlo. In tal modo l’algoritmo “impara” a fare la cosa giusta.

Lei è un esperto di Machine Learning che insegna nell’ambito di un corso di laurea agrario-forestale (GEDAM). Come si inserisce una disciplina informatica così avveniristica nel settore dell’agricoltura e delle foreste? In parole povere, a cosa ci può servire in tali campi?

Un esempio l’ho fatto prima, accennando alle centraline intelligenti in cui il Machine Learning serve a decidere cosa fare (nel caso in esame irrigare o meno) in base a una serie di variabili “esterne” che interagiscono tra loro in maniera non banale e a volte perfino incognita. Un altro esempio può essere la diagnosi precoce di malattie nelle piante, che viene effettuata analizzando segnali non percepibili dall’occhio umano. O ancora, in ambito forestale il Machine Learning può risultare utile nella stima della quantità di biomassa secca, in maniera tale da affinare la capacità di prevenire incendi. Nel settore agroalimentare viene usato ad esempio per studiare i cibi, le loro proprietà e garantirne la qualità.

Ci può fare qualche esempio pratico legato alle sue personali ricerche?

Personalmente sono attivo in tutti i campi sopra menzionati e mi sono occupato (tra le altre cose) sia di diagnosi precoce di stress biotici (patogeni) e abiotici (siccità) su lattughino, che di tracciabilità e qualità dell’olio extravergine di oliva. Immaginate che io e i miei collaboratori siamo riusciti a distinguere con un’accuratezza di circa il 90% l’olio italiano da quello straniero su un set di 203 campioni, utilizzando un apparato il cui costo si aggira attorno alle poche centinaia di euro. Attualmente siamo impegnati nel settore che viene detto dell’AI-powered sensors. L’obiettivo è di rendere intelligenti i sensori come videocamere, termocamere e fotocamere multispettrali così da costruire dei sistemi di supporto alla decisione sempre più accurati e, oserei dire, intelligenti, con evidenti ricadute sia in ambito economico che sulla sicurezza degli operatori in campo. A questo proposito vi racconto che grazie al machine learning stiamo pensando a un nuovo modo di progettare alcuni dispositivi di protezione individuale (DPI), guardando in modo “intelligente” all’ergonomia e alle caratteristiche proprie dell’attrezzatura che si va di volta in volta a usare.

Tecnologie digitali in ambiente montano: una tendenza in crescita

Come si evince dalle parole del dott. Ortenzi, le applicazioni potenziali del Machine Learning in ambiente montano potrebbero essere molteplici. La domanda che sorge spontanea da non addetti ai lavori è quanto le tecnologie digitali siano già diffuse in campo agrario e forestale. Abbiamo sottoposto il quesito al Prof. Massimo Cecchini, presidente del Corso di Laurea “GEDAM”.

La diffusione di tecnologie digitali nel settore agrario e in quello forestale è in forte aumento. Il censimento Istat del 2010 indicava come solo il 3,8% delle aziende agricole fossero in qualche modo informatizzate, mentre l’ultimo censimento, quello del 2020, mostra come questa percentuale sia salita al 15,8% – spiega il prof. Cecchini – . Le potenzialità quindi sono enormi. Se consideriamo la curva di diffusione delle innovazioni come una curva ad S, ci troviamo in una fase caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti “early adopter” alla quale seguirà con ogni probabilità una fase di crescita esponenziale.

Una tendenza che, come evidenzia il docente, coinvolgerà non solo le grandi aziende, ma anche le più piccole. “Con il passare del tempo le piccole imprese potranno beneficiare sempre più delle tecnologie digitali. È noto, infatti, che si tratta di sistemi caratterizzati da un costo iniziale elevato, ma che tende rapidamente a diminuire con la loro diffusione. Inoltre sarà possibile, con sempre maggiore facilità, fare ricorso a società di servizi, come le startup che stanno nascendo e che si occupano ad esempio del rilievo con i droni o della fornitura di sistemi digitalizzati di supporto alle decisioni. Non c’è dubbio che in termini di rapporto costo-benefici tutte le imprese, anche le più piccole, potranno trarre vantaggio dalla digitalizzazione. Ma per evitare scelte sbagliate occorre affidarsi a professionisti competenti in materia.

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