“Un’estinzione silenziosa che mette a rischio la biodiversità globale”. Questa l’efficace espressione con cui il WWF ha sintetizzato, in occasione della Giornata Mondiale della Api (celebrata annualmente il 20 maggio), lo stato di salute, cagionevole, dei preziosi insetti impollinatori. Le api non rappresentano gli unici insetti indispensabili per l’impollinazione delle piante, si contano oltre 20.000 specie deputate a tale funzione, ma a renderle particolarmente attenzionate su scala globale è il loro sempre più rapido declino. Il rischio di estinzione che si trovano ad affrontare riguarda in maniera diretta e indiretta anche gli esseri umani, e gran parte della responsabilità è da imputarsi proprio a noi.

Tra le cause principali ritroviamo infatti la perdita degli habitat naturali per una crescente urbanizzazione, l’uso di pesticidi, la diffusione di patogeni e, immancabilmente, il cambiamento climatico. Negli ultimi decenni dal mondo scientifico, supportato dalle associazioni ambientaliste, arrivano suggerimenti su come aiutare le api, a partire dalla nostra vita quotidiana. Dal limitare l’uso di sostanze per loro tossiche al piantare piante a loro gradite sui terrazzi e contribuire alla salvaguardia dei loro ambienti naturali.

Una tendenza in forte sviluppo, che si lega a tale necessità, è rappresentata dal diffondersi dell’apicoltura come hobby, anche in ambiente urbano. L’allevamento di api in città si lega generalmente a una produzione di miele contenuta, per consumo personale (anche se ci sono eccezioni, come il Miel Béton, prodotto nel quartiere Saint Denis di Parigi, che oggi è in vendita presso le Gallerie Lafayette). In ambiente periurbano, in particolare pedemontano e montano, l’apicoltura può trasformarsi in una importante attività produttiva. Ma è così facile diventare apicoltori?

A fornirci una risposta sono gli studenti del corso di formazione professionale in Tecniche Apistiche e Gestione degli Apiari, attivato per il secondo anno consecutivo presso la sede di Rieti dell’Università degli Studi della Tuscia, nato come attività formativa a scelta per gli iscritti al corso di laurea triennale in Scienze della Montagna (SdM) ma aperto anche al pubblico. Da poche settimane gli studenti sono protagonisti di un progetto in divenire: la realizzazione di un primo apiario dell’Università, che avranno il compito di gestire nei prossimi mesi. Una responsabilità, come vedremo a breve, non da poco!

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“Se il miele non ti piace l’apicoltore non lo fai”

Il corso di apicoltura, attivato per la prima volta lo scorso anno, si è rivelato un successo. Le richieste di iscrizione hanno superato le attese, confermando un crescente interesse del pubblico per il mondo delle api. Il merito dell’idea va al prof. Mario Augusto Pagnotta, Presidente del corso di laurea in Scienze della Montagna, che ci ha raccontato di aver semplicemente voluto condividere con i suoi studenti una passione coltivata fin dalla gioventù, come scherzosamente confidatoci, accompagnata da una forte passione per il miele. “Se il miele non ti piace l’apicoltore non lo fai”. Una passione che, soprattutto dopo l’avvento della Varroa (acaro parassita delle api), necessita di una idonea formazione. Da qui l’idea di fornire agli studenti e agli appassionati le istruzioni base per diventare provetti apicoltori.

Al termine delle lezioni teoriche, nel mese di giugno, dopo le interminabili piogge primaverili, il professore insieme ad alcuni studenti di Scienze della Montagna, ha dato il via alla realizzazione di un apiario, a pochi passi dalla sede universitaria di Via A.M. Ricci. L’Università si è trasformata per qualche giorno in un deposito colorato di “nidi” e “melari”, le due componenti delle “arnie”.

Come spiegatoci dal docente, i nidi sono alloggiamenti in cui è presente l’ape regina, “nel nido troviamo la famiglia che cresce, è dove le api producono le uova e accumulano le scorte invernali”. Mentre il melario è una struttura che viene posizionata al di sopra dei nidi, in cui le api producono il miele che viene poi raccolto per il consumo umano. Tra nido e melario “si inserisce un escludi regina”, spiega ancora il Prof. Pagnotta, “un pannello che consente il passaggio dell’ape ma non della regina, che altrimenti salirebbe nel melario e deporrebbe anche lì le uova”.

Accanto al montaggio delle componenti dell’apiario è stato importante definire il luogo in cui posizionare le arnie, che fosse ottimale per le api ma anche comodo per gli studenti, cui è stato affidato il compito di controllare nel corso delle settimane che tutto proceda bene. La scelta è caduta su un’area verde a poca distanza dalla sede universitaria, terreno di proprietà di Giannandrea, uno degli studenti di Scienze della Montagna che hanno partecipato al corso. A spiegare le ragioni di tale scelta è il “padrone di casa”.

“L’apiario deve sorgere in un luogo che sia più in campagna possibile. Questo non significa boschi o punti scomodi da raggiungere, semplicemente un terreno coltivato o semicoltivato, in cui sia garantita la presenza di essenze floristiche, che spesso siamo portati a considerare infestanti, che rappresentano invece le specie preferite dalle api – chiarisce Giannandrea – . Devono poi esserci alberi caratterizzati da una abbondante fioritura, da cui le api possano raccogliere nettare e polline. Il mio terreno è stato scelto in quanto risponde a tali caratteristiche, in particolare per la posizione che lo rende agevole da raggiungere da parte degli studenti.

In tanti sono venuti a fare visita alle api anche al di fuori degli orari prestabiliti dal corso, magari al termine di un esameaggiunge lo studente – . Un elemento che abbiamo considerato poi ottimale per le api è la presenza di un cachi, oltre ad altri alberi da frutto. Il cachi fruttifica infatti in autunno, nei mesi più duri, assicurando alle api di poter disporre di scorte energetiche per l’inverno.”

Definito il posto e montate le arnie, mancavano per completare l’opera le protagoniste, le api. A tale scopo il prof. Pagnotta ha trasferito a Rieti un po’ di “ospiti” del suo apiario romano. Dal loro arrivo in terra reatina, sono iniziati i turni per effettuare i controlli dei nidi. Una attività delicata, da ripetersi con costanza ma non troppa. Una volta ogni 10/15 giorni, anche una volta al mese volendo. Da evitarsi è un controllo troppo ravvicinato, o si rischia di infastidirle.

Diventare apicoltori da zero, quanto è difficile?

La gestione dell’apiario dell’Università rappresenterà per molti, se non tutti, gli studenti, una prima esperienza in veste di apicoltori. Si sentono pronti a tale compito?

“Sento di aver acquisito tutte le informazioni di base, sia dal punto di vista della gestione burocratica sia (e soprattutto) per quella pratica”, ci racconta Silvia, esprimendo ampia soddisfazione nei confronti del corso, cui ha scelto di partecipare perché “l’apicoltura mi ha sempre affascinato come attività zootecnica e soprattutto avevo intenzione di gestire degli apiari nel modo più corretto possibile acquisendo conoscenze teoriche e pratiche di un certo livello. Non avevo esperienza di nessun tipo in questo ambito”.

Il fascino, la curiosità nei confronti del mondo delle api e dell’apicoltura, un settore come premesso dal prof. Pagnotta, che si è evoluto negli ultimi decenni.

“Nutro una profonda curiosità per il mondo degli insetti, in particolare delle api – conferma Giannandrea -., una curiosità probabilmente alimentata dai tanti servizi televisivi a loro dedicati. E difatti avevo pensato di seguire un corso di formazione ancor prima di iscrivermi a Scienze della Montagna ma non avevo avuto un incentivo per farlo. L’occasione offerta dall’università andava necessariamente colta al volo e sfruttata al massimo.”

“In tutta sincerità – aggiunge – in questo momento non mi sentirei pronto per gestire un apiario da solo perché servono tempo e pazienza. Ma in team ci si può provare”. I ragazzi appaiono pienamente coscienti del fatto che allevare api non sia un gioco, e che pensare dall’oggi al domani di avviare una attività imprenditoriale senza adeguata esperienza sia un bel rischio. Meglio iniziare con un approccio hobbistico, con un piccolo numero di arnie e valutare solo in un secondo momento l’idea di trasformare la propria passione in un lavoro redditizio.

“Credo che sia molto importante cercare di ampliare il più possibile le conoscenze per una corretta gestione degli apiari vista la loro importanza ecologia ma anche la loro delicatezza che richiede conoscenze specifiche e non improvvisate”, commenta a tal proposito Silvia.

A quando il primo miele?

La domanda che sorge spontanea e che non abbiamo potuto esimerci dal sottoporre al team SdM è quanto toccherà aspettare per la prima produzione di miele. Mesi? Anni? Molto meno! “La settimana scorsa abbiamo visto che stavano mettendo su belle scorte – dichiara con soddisfazione Giannandrea – quindi entro fine mese potremmo già trovare qualche sorpresa.”

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