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Parcheggiata l’auto nei pressi delle rovine, si intraprende il sentiero T1 in discesa su comoda carrareccia. Si sorpassa una sbarra del Parco e si prosegue sempre in discesa fino a un fosso, dove occorre andare a destra al bivio.

Dopo circa 15 min di facile camminata si giunge al primo punto di interesse del percorso, la Risorgenza dei Mandrilli, chiamata localmente “L pzarell”.

Le fonti storiche, e nello specifico Pietro Antonio Corsignani nella “Reggia Marsicana” (trattato di storia locale del 1700) citano un episodio su questo luogo. In particolare, Corsignani riferisce che un pastore di Lecce nei Marsi fece cadere (volente o nolente non sappiamo) una tazza con impresso il suo nome nella grotta vicina a “L pzarell” e questa fu poi ritrovata qualche giorno dopo nel Fucino.

L’episodio sembra inverosimile, ma in realtà è confortato dagli studi geologici sui luoghi (soggetti al fenomeno del c.d. carsismo, cfr. “Abruzzo. Guide geologiche Regionali”, BE-MA Editrice), secondo i quali i monti del PNALM della zona di Lecce nei Marsi vengono drenati in parte anche nel Fucino, tramite le sorgenti di Trasacco, Venere e Ortucchio.

Si riprende il cammino svoltando a sinistra su leggero e assolato pendio fino a ritrovarsi, preannunciato dal colore rosso del terreno, al secondo punto di interesse del cammino, la Cava di Bauxite.

La presenza di bauxite nel territorio di Lecce nei Marsi fu scoperta nel 1812. La cava fu sfruttata in un periodo compreso tra il 1905 e il 1923, fin quando non dovette essere dismessa per la concorrenza dei giacimenti istriani.

Il materiale estratto dalla cava di Lecce veniva trasportato nella ferriera di San Sebastiano, ove veniva fuso e poi nuovamente trasportato a Bussi per la produzione di alluminio.

Il territorio di Lecce non è l’unico luogo abruzzese dove fu tentata l’estrazione del minerale, basti pensare alla c.d. Rava del ferro in Majella, che porta il nome per lo stesso motivo.

Dalla cava si giunge in località Le Prata e a Valle Cicerana con il caratteristico rifugio.

Anche quest’ultimo merita un piccolo riferimento storico. Negli anni ’60 si decise di costruire alcuni villini nella Valle Cicerana. Trenta anni dopo, agli inizi degli anni ’90, il Parco ottenne di poter rimediare al danno distruggendo i villini, tranne uno, quello ancora in funzione che appunto fu salvato per poter poi essere adibito a rifugio.

La vicenda diede adito a una delle prime pronunce della Corte costituzionale in materia di danno ambientale (la n. 641/87).

Dal rifugio della Cicerana proseguire sul sentiero T5, sempre segnato e intuitivo.

Dopo 20 min di cammino dal rifugio si comincia a entrare nel sito dichiarato patrimonio UNESCO, la Selva Moricento. Il percorso termina in località Campo Moricento. Circa l’origine del nome ci sono due teorie: la prima e meno accreditata, secondo la quale il Campo prenderebbe il nome da uno scontro a fuoco in cui persero la vita cento briganti. La tesi non sembra essere veritiera, perché non riscontrabile in alcuna fonte; la seconda e più plausibile, invece, è quella secondo cui il Campo sarebbe così denominato perché di una capienza di circa cento “morre” (termine dialettale indicante un piccolo gregge) di pecore.