Il gruppo Sirente-Velino costituisce una sorta di cerniera attraverso cui passano i flussi faunistici tra le diverse aree dell’Appennino. Ha una importanza topografica strategica, in quanto costituisce un imprescindibile raccordo tra i monti del Reatino, i Simbruini settentrionali, l’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (a sud-est) e il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (a nord).
I due massicci denotano diversità e somiglianze sia per la vegetazione che riveste le loro pendici sia con riferimento alle loro origini. Pur essendo separati dall’Altopiano delle Rocche, i due gruppi possono essere considerati unitariamente sia in riferimento alla stessa origine geologica e tettonica.
Il gruppo del Velino si presenta in gran parte privo di vegetazione appariscente e con un predominio di aree semidesertiche, mentre la catena del Sirente (ad esclusione di alcune zone a sud e di vetta) ospita estese e rigogliose formazioni vegetali.
Il massiccio del Velino, posto nella parte occidentale dell’area Parco, è uno dei più imponenti ed estesi dell’Appennino Centrale. La tormentata e complessa struttura orografica che lo distingue determina una grande varietà di microclimi e di ambienti: ne risulta una ricchezza biologica di grande rilievo, con una ventina di comunità vegetali ben distinte, comprese nelle quattro fasce altitudinali che si succedono dai piedi del massiccio (m 1.000 circa), sino alla sua cima (m 2.486); in tale ambito si contano circa 600 specie vegetali e 190 specie di vertebrati, regolarmente censite sinora.
Da una quota minima di 987 m (Bocca di Teve), il massiccio del Velino si innalza sino a cime che superano i 2.000 metri di altitudine, come quello del Monte Velino (2.487 m), che è la terza vetta dell’Appennino, del Monte Cafornia (2.424 m), del Monte di Sevice (2.331 m), del Monte Rozza (2.064 m).
La natura geologica del massiccio è caratterizzata dai calcari organogeni del Cretaceo, molto compatti e permeabili; solo alcuni pianori di alta quota sono costituiti da formazioni marnose, meno permeabili e con pedogenesi più veloce.
Il Velino dà la possibilità di osservare una grande varietà di fenomeni geomorfologici. Imponenti manifestazioni del glacialismo quaternario sono quelle della Valle Maielama (aperta dal 15 agosto al 15 febbraio) e della Val di Teve, due grandi valli glaciali con sezione ad U, lunghe fino a 5 km e profondamente incassate tra alte pareti a precipizio. Esse presentano frequenti segni lasciati dai ghiacciai che le hanno formate: soglie glaciali, accumuli morenici, massi erratici, rocce montonate, valli sospese (tra le quali la più grande è quella della Genzana che confluisce nella Valle Maielama).
Il Sirente, ubicato nella porzione centro orientale del Parco, si presenta come una dorsale lunga una ventina di chilometri orientata verso NO/SE da Rovere (1.413 m) a Forca Caruso (1.107 m); essa si caratterizza con il susseguirsi di varie cime come Colle di Mandra Murata (1.949 m), Punta Macerola (2.258 m), Monte Sirente (2.348 m) la cima culminante, Monte di Canale (2.207 m), Monte S. Nicola (2.012 m). Le Gole di Celano e la Val d’Arano separano la dorsale minore della Serra di Celano da quella maggiore del Sirente.
Visto nel suo insieme, il Sirente presenta una difformità dei suoi versanti. Quello esposto a SO ha aspetto dolce e debolmente ondulato con discontinui affioramenti rocciosi e degrada verso la Piana del Fucino. Il versante di NE è invece di natura rocciosa con pareti precipiti e incoerenti, ricche di profonde incisioni; molte di queste, come per esempio il canalone Maiori e la Valle Lupara, sono state determinate dall’azione dei ghiacci dell’ultima glaciazione pleistocenica che, come il Velino, interessò anche il Sirente sia pur marginalmente.
La natura geologica del massiccio del Sirente non differisce da quella del Velino. Nel versante NE affiorano i calcari organogeni del Cretaceo che furono successivamente modellati in parte dal glacialismo quaternario. Il versante SO dolce ed erboso, espone formazioni marmoso-calcaree. Diffusi su tutto il massiccio i fenomeni carsici che si manifestano con le classiche forme epigee, come doline, karren, polje (per esempio i Piani di Pezza) e con quelle ipogee, come grotte, meati, inghiottitoi.